Se hai subito un pignoramento è perché non hai utilizzato i sistemi di Avvocato in Famiglia ma comunque bisogna imparare a difendersi anche dal pignoramento.

Ecco cosa devi sapere e come devi agire.

Se stiamo parlando  di pignoramento è perché fino a quel momento, cioè  quando arriva l’ufficiale giudiziario,  non avete utilizzato il sistema di difesa condivisa. Oramai il 95% dei nostri associati non rischia più il pignoramento,  chiude a saldo e stralcio ed esce dai debiti.

Ricordate bene e non dimenticatevelo, l’unico errore è non fare nulla.

Ora è chiaro, non siamo riusciti a saldare i  debiti con i creditori e l’ufficiale giudiziario è arrivato con l’atto di pignoramento: ora siete costretti ad agire e difendere la Famiglia.

Tra i tanti incubi che si possono fare, c’è sicuramente quello che ci vede vittime di sfortune economiche tali da non riuscire non solo a mantenere il nostro stile di vita attuale (se è agiato o comunque dignitoso), ma di sprofondare in problemi talmente grandi da non poterci permettere più di ripagare eventuali debiti contratti: un mutuo, un prestito per una ristrutturazione, un finanziamento per acquisti di auto, moto, macchinari e attrezzature per il nostro progetto imprenditoriale o un finanziamento per l’apertura della nostra nuova start up. Cadere in disgrazia economica è proprio questo: avere sulle spalle un debito e non riuscire più a ripagarlo, neanche dopo svariati tentativi del nostro creditore di sollecitarci per riavere i suoi soldi. Ecco che allora, come soluzione estrema resta l’espropriazione forzata dei nostri beni.

Vediamo allora, una volta scattato il pignoramento, come comportarsi.

Ecco che i nostri creditori iniziano a chiederci, con le buone o con le cattive maniere, quanto è loro dovuto. I nostri debiti aumentano sempre di più, si accumulano e cadiamo in un vortice da cui fatichiamo a uscire. Così, dopo vari tentativi andati a vuoto, il nostro creditore decide di riavere quanto gli spetta andando direttamente in Tribunale.

Il pignoramento è la conseguenza di questa rivendicazione e consiste in un atto formale che dà il via all’espropriazione forzata di uno o di più beni in nostro possesso, al fine di ripagare i nostri creditori. L’Ufficiale giudiziario ci intima a non sottrarre o far sparire i nostri beni, che sono stati messi a garanzia di copertura dal nostro debito, perché questi beni saranno espropriati, assegnati o messi in vendita. Con il loro ricavato verranno saldati i nostri debiti.

Pignoramento: la procedura

Un pignoramento non si esegue da un giorno all’altro o a sorpresa. Per procedere a pignorare si deve innanzitutto essere in possesso di un titolo esecutivo: una sentenza del Tribunale, un decreto ingiuntivo, un contratto scritto tra creditore e debitore come il contratto di mutuo, le cambiali. Tutti titoli fondamentali per poter vantare la pretesa di prelevare e mettere in vendita i beni del debitore. Dal momento che non siamo nel Far West, tutto questo deve essere svolto tramite una procedura che può rivelarsi anche lunga, ma è regolata dalla Legge [Artt. 491-502 Cod. proc. civ]. Per capire come comportarsi con un pignoramento, vediamo come avviene.

Decreto ingiuntivo

Quando i tentativi di riscossione debiti da parte del nostro creditore sono falliti, non perché siamo disonesti ma magari semplicemente non siamo in condizione di onorarli, allora la persona o l’ente che ci ha prestato i soldi opta per la via giudiziale. Si rivolge ai giudici chiedendo loro di intimarci a pagare. Ecco che il Tribunale allora può emettere una sentenza o un decreto ingiuntivo [Art. 633 Cod. proc. civ.]: un atto con cui ci viene chiesto di procedere a sanare il nostro debito entro 40 giorni dalla notifica dell’atto (notifica che viene effettuata dall’ufficiale giudiziario).

Come comportarsi di fronte al decreto ingiuntivo? Possiamo presentare opposizione, intentando quindi una causa nei confronti del nostro creditore. Qualora però venga rigettata oppure noi stessi ignoriamo il decreto ingiuntivo, il nostro creditore va avanti imperterrito nella sua richiesta e ci viene notificato dall’Ufficiale giudiziario l’atto di precetto. 

Noi invece trattiamo con la controparte indicandogli come ci opporremmo al decreto ingiuntivo.

Far capire cosa abbiamo scoperto nel rapporto di finanziamento “magicamente” apre le porte al dialogo.

È possibile nella causa di opposizione anche arrivare a una conciliazione, mettendoci d’accordo con il nostro creditore su una riduzione della somma da versare o su eventuali altri accordi. In questo caso il giudice emetterà un’ordinanza che non potrà più essere impugnata, notificando la nuova entità del debito nei registri immobiliari.

Precetto

Con l’atto di precetto ci viene intimato per l’ultima volta di pagare quanto dovuto e regolarizzare la nostra posizione nei confronti del creditore entro 10 giorni dalla notifica dell’atto. Pena l’esecuzione forzata dei nostri beni [Art. 480 Cod. proc. civ.].

ATTENZIONE: se dopo 90 giorni dalla notifica del precetto nessuno ha ancora proceduto all’esecuzione forzata, allora il precetto diventa inefficace. Resta inoltre sospeso se noi debitori presentiamo opposizione, per riprendere efficacia dal momento in cui è stato rigettato il ricorso oppure.

Pignoramento

Se, trascorsi questi 10 giorni, ancora non c’è stato da parte nostra il saldo del debito, scatta allora l’espropriazione forzata dei nostri beni. Il pignoramento è proprio l’atto con cui si dà il via all’esecuzione forzata. Possono essere pignorati i nostri beni mobili (auto, moto, cose, conti), beni immobili (le case), o beni e crediti del debitore che sono nella disponibilità di altre persone.

L’ufficiale giudiziario ci intima a non complicare o mettere in pericolo l’esecuzione forzata sottraendo quei beni che sono stati individuati, anche da lui stesso, a garanzia della copertura del debito. Anzi, se nelle sue ricerche ha individuato beni che non riesce a reperire nei luoghi da noi comunicatigli, ci intima a dirgli dove si trovino. E non possiamo mentire, perché rischiamo grosso.

In base ai beni pignorati, questi possono essere assegnati oppure venduti e il ricavato distribuito tra tutti i creditori che vantano un credito nei nostri confronti. Se il bene è iscritto a ipoteca, il soggetto che lo ha iscritto vanta il diritto di prelazione: una volta venduto sarà il primo a poter rivendicare il diritto su quel bene.

Una eccezione in tutto questo è costituita dai beni mobili (le cose, gli oggetti ecc.) che, sottoposti a pegno o ipoteca, possono essere venduti o assegnati senza il bisogno di notificare il pignoramento [Art. 502 Cod. proc. civ.].

Pignoramento: come comportarsi?

Giunti all’irreparabile situazione del pignoramento, siamo sicuri che sia proprio irreparabile? Certo, solitamente non se ne viene fuori incolumi, ma non dobbiamo pensare che non ci sia proprio nulla da fare. Qualche spiraglio di intervento  ci può ancora essere.

Opposizione all’esecuzione e sospensione pignoramento

Prima che il procedimento di espropriazione inizi, possiamo presentare opposizione, facendo ricorso contro la procedura di esecuzione forzata in sé, contestandola nel merito, cioè opponendoci alle richieste del nostro creditore. Ad esempio, la banca ci ha pignorato casa e noi vogliamo giocarci la carta del ricalcolo degli interessi per rivedere le somme.

Possiamo quindi presentare ricorso al giudice incaricato dell’esecuzione affinché sospenda il pignoramento. Questa istanza può essere presentata entro 20 giorni dalla notifica del pignoramento [Art. 617 Cod. proc. civ.]. È così che verrà decisa dal giudice, una volta ricevuto il nostro ricorso, una data per un’udienza in cui noi e il pretendente creditore dovremo comparire. Durante questa udienza il giudice deciderà se sospendere il pignoramento. In questo caso non ci potrà essere nessun atto esecutivo (quindi esproprio forzato). Trascorso il termine di sospensione deciso dal giudice, le parti – creditore e debitore – devono riattivare la procedura. Se non viene fatto, si estinguerà.

Patteggiare con il creditore

Prima di avviare in concreto le procedura di esecuzione, possiamo cercare di patteggiare con il nostro creditore, di trovare un accordo, diminuendo la somma da restituire, dilazionandola ulteriormente o optando per qualsiasi altra forma di negoziato che possa evitare la completa espropriazione dei nostri beni.

Evitare il pignoramento

Qualora volessimo evitare che i nostri beni vengano pignorati e venduti, ma vogliamo anche evitare procedimenti di ricorso in Tribunale, possiamo versare nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma richiesta per l’estinzione del debito, spese comprese, e incaricarlo di consegnare tutto ai nostri creditori. Questa forma di pagamento tardiva serve a fermare l’azione coattiva del nostro creditore e si effettua i contanti.

Ridurre il pignoramento

Questa possibilità viene data perché quando si parla di espropriazioni, i creditori possono pignorarci beni che hanno un valore più alto rispetto al debito che abbiamo nei loro confronti, creando grosse sproporzioni. Allora la Legge ci dice [Art. 496 Cod. proc. civ.] che, ricevuto l’atto di pignoramento, possiamo chiedere al giudice di ridurre il pagamento, proprio per rendere l’espropriazione corretta ed evitare abusi. Il giudice in questo caso deciderà se c’è effettiva sproporzione tra i beni pignorati e i crediti dovuti, riducendo di conseguenza la somma da pagare (liberando alcuni beni che tornano a essere in nostro possesso) oppure no. La decisione avverrà con un’ordinanza di accoglimento (riduce la somma) o rigetto (non la riduce) e sarà impugnabile.

Convertire il pignoramento

In questo caso, noi debitori possiamo agire prima della vendita o assegnazione dei beni che ci sono stati pignorati, chiedendo di sostituire a questi beni una somma di denaro tale da coprirne il valore (spese comprese di esecuzione). È la cosiddetta conversione del pignoramento: se ci sono stati pignorati auto, moto e attrezzature da falegname, possiamo chiedere che non ci vengano portati via, a patto che riusciamo a corrispondere una cifra congrua a coprirne il valore del credito. Dovremo quindi pareggiare i conti.

Per chiedere questo dovremo depositare istanza presso la cancelleria del Tribunale e una somma di denaro che corrisponda almeno a un quinto del credito vantato da chi ci ha pignorato i beni. Dovremo poi restituire l’intera somma a copertura entro 15 giorni dalla deposizione dell’istanza. Ecco come comportarsi in caso di pignoramento.



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