Ma se i medici sbagliano l’intervento devono risarcire?

Quando ci ricoveriamo in ospedale non facciamo altro che stipulare con la struttura un contratto da cui derivano obblighi sia per noi sia per i sanitari. Ogni volta che ci ricoveriamo oppure un nostro caro entra in ospedale non facciamo altro che stipulare con la struttura sanitaria un contratto nel vero senso della parola. Appena avviene la cosiddetta accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero, comporta la conclusione di un contratto. Ciò significa che se i medici sbagliano l’intervento, devono risarcire il paziente perché, in sostanza, non rispettano l’accordo [Cass. sent. n. 1698 del 26.01.2006.]. Al paziente danneggiato basterà provare l’esistenza del contratto e di essersi ammalato (o aggravato) a causa del comportamento inadempiente dell’ospedale. Da parte sua, la struttura sanitaria deve dimostrare o di aver agito secondo le regole o che non  stato suo comportamento e per quanto sbagliato  a provocare il danno  [Cass., S.U., sent. n. 577 dell 11.01.2008 ]. Lo ha stabilito il Tribunale di Latina [Trib. Latina sent. n. 632 del 22.03.2017].


Vediamo un episodio realmente capitato per capire meglio, se e come i medici devono risarcire il paziente.

La vicenda realmente accaduta.

Una donna faceva causa alla clinica presso era stata ricoverata. Chiedeva che i medici fossero dichiarati responsabili dei danni subiti per non averla curata in modo adeguato. Secondo la clinica, invece, i danni lamentati non potevano in alcun modo essere ricollegati alla sua condotta. Chi ha ragione?

Ricovero in ospedale: il paziente stipula sempre un contratto con la struttura.

Per capire il senso della decisione del Tribunale di Latina, occorre partire dal presupposto che quando un paziente si ricovera in ospedale non fa altro che concludere con quest’ultimo un contratto, chiamato contratto di spedalità. In sostanza,l’ospedale si impegna a fornire al pazientenon solo un posto letto ma anche personale medico ausiliario, paramedico, medicinali e tutte le attrezzature necessarie anche per far fonte a eventuali complicazioni. Proprio per questo, la responsabilità dell’ente ospedaliero ha natura contrattualesia in relazione a quanto fatto dall’ospedale in prima persona sia per quanto concerne il comportamento dei singoli medici che vi lavorano: d’altra parte la legge dice espressamente che se il debitore (nel nostro caso la clinica), nell’adempiere le proprie obbligazione si avvale dell’opera di terzi (i medici), risponde anche dei fatti dolosi o colposi di questi ultimi [Art. 1228 cod. civ].

Ricovero in ospedale: che fare per essere risarciti?

Quanto detto ha delle ricadute dirette anche sul riparto degli oneri probatori [Rendendo operativa la clausola generale di cui all’art. 1218 cod. civ. come interpretata da Cass., S.U., sent. n. 13533 del 30.10.2001.]: occorre capire, cioè, che cosa devono provare tutti coloro che restano coinvolti in uno dei classici casi di malasanitàdi cui si sente spesso parlare in tv. In poche parole:

  • il paziente che fa causa all’ospedale deve provare il contratto e l’inadempimento del sanitario, cioè l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento;
  • il medico e/o l’ente ospedaliero, invece, devono dimostrare che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che eventuali peggioramenti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile, cioè a causa dell’intervento di un fattore estraneo e non ricollegabile al suo operato.

Nel caso della sentenza,la donna non prova assolutamente questi elementi, limitandosi a dire che l’intervento chirurgico non è stato eseguito in maniera corretta e nel rispetto delle regole medico-chirurgiche e di non essere stata adeguatamente informata sulle complicanze, sia immediate che tardive dell’intervento.

Ma il concetto sopra espresso vale per chiunque lamenti danni post intervento o non intervento chirurgico. Vaccini, cure mediche dentali, diete ed interventi estetici.

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