Quando è una  professione freelance.

Le differenze tra libero professionista, lavoratore autonomo e precariato sono sottili. Ecco come capirle.

In Italia, si stima che il numero del lavoratori freelance  si aggiri intorno ai tre milioni e, rispetto al totale dei lavoratori attivi, sono quasi il 14%. Visto il periodo in fortissima ascesa. Tutti lavoratori ” definiti dalle Elitè ” dipendenti a costi variabile.

 

 MODERNI SCHIAVI SECONDO ACCREDITATI FILOSOFI

Attitudine al problem solving, approccio smart e versatilità rappresentano solo alcune delle qualità possedute da chi è imprenditore di sé stesso. Tuttavia, queste caratteristiche non bastano, da sole, a delineare le peculiarità del freelance, soprattutto in un Paese che tende a confondere questo lavoratore con quello autonomo o il precario.

Precisiamo che il  termine freelance è stato importato in Italia dal mondo anglofono, dove si è diffuso rapidamente nel giro di circa mezzo secolo. Sono forse in pochi a sapere che la parola fece la sua prima comparsa, già agli inizi del XIX secolo, nel celebre romanzo storico Ivanhoe di Walter Scott. Lo scrittore scozzese utilizzò il termine free-lance (alla lettera, “senza lancia”) per evocare l’immagine di un soldato mercenario medievale.

Ma chi può definirsi  freelance?

Con il termine freelance si indica il lavoratore indipendente che offre le sue prestazioni, generalmente di tipo intellettuale, a enti, organizzazioni e soggetti privati. Le aziende possono ricorrere a un freelance quando in organico non è presente una risorsa dotata di un profilo professionale idoneo a ricoprire un certo ruolo. Si pensi a un social media manager o un web designer, figure indispensabili per quelle imprese che vogliano far sentire la propria presenza anche sui social network, ma che non sempre sono presenti tra i dipendenti di una ditta. In linea di massima, al freelance viene offerto un contratto d’opera o di prestazione di servizi. Si tratta, in entrambi i casi, di contratti scevri del carattere di subordinazione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. In questo modo, il freelance e il committente sono equiparati: il primo riceverà il compenso che gli spetta quando consegnerà il lavoro al secondo.

Freelance e lavoratore autonomo: ecco le  differenze

Spesso, le informazioni fornite dai mass media possono essere fuorvianti. Infatti, a partire dall’inizio del nuovo millennio, si è consumato – e la tendenza pare non avere freni – un enorme fraintendimento. Ci riferiamo a tutti quegli organi di informazione che attribuiscono al freelance il requisito essenziale della partita Iva. Le due cose non sono necessariamente omologhe, ma va riconosciuto che in taluni casi possano essere coincidenti. In altri termini, può esistere un freelance puro e uno che è anche autonomo. Infatti  è ammessa l’esistenza di un lavoratore freelance senza partita Iva, ma lo stesso principio non è valido per il lavoratore autonomo (cioè non può esistere professionista autonomo senza partita Iva).

Spieghiamoci meglio con alcuni esempi e, visto che abbiamo tirato in ballo il mondo del giornalismo, restiamo proprio in questo ambito, che ben esemplifica la differenza tra lavoro freelance e lavoro autonomo.

esempio

Tizio è un amante della scrittura e, pertanto, decide di mandare il suo CV a varie agenzie di stampa, sempre alla ricerca di stringer che scrivano contenuti interessanti. Pochi giorni dopo, Tizio viene contattato da un’agenzia di stampa locale che gli commissiona un certo numero di pezzi e gli comunica che il compenso sarà calcolato sulla base del numero di articoli che consegnerà.

Nel caso di Tizio, si parla di lavoratore freelance perché:

  • non ha una partita Iva;
  • non ha un contratto di lavoro subordinato con l’agenzia;
  • non è vincolato a lavorare esclusivamente per quell’agenzia;
  • non è un professionista, ossia non è iscritto ad alcun albo ufficiale;
  • il suo stipendio dipende dal numero di prestazioni.

 

esempio

Caio è un veterinario specializzato, ma ha anche la passione per la comunicazione. Per questo motivo, ha collaborato, per più di due anni, con alcuni giornali, occupandosi di tematiche dedicate agli animali. Queste forme collaborative, remunerate, gli hanno permesso anche di iscriversi all’albo dei giornalisti pubblicisti. Dopo qualche tempo, Caio viene contattato da una testata nazionale, interessata ad affidargli un’intera rubrica dedicata al benessere animale.

Nell’esempio di Caio, occorre evidenziare i seguenti punti:

  • è un veterinario, e questo significa che ha la partita Iva;
  • è anche un pubblicista, esperto in un determinato ambito;
  • curerà la rubrica di un periodico Nazionale

Dagli esempi appena riportati, appare chiaro che non è la partita Iva a fare, di un lavoratore, un freelance.

Il freelance può anche decidere di sua spontanea volontà di non legarsi ad alcun committente, o di non dipendere da una sola azienda. Situazioni del genere si verificano soprattutto quando il freelance è particolarmente competente e, quindi, intende trarre vantaggio economico dall’offerta differenziata del suo potere contrattuale.Dunque, il carattere essenziale per distinguere il freelance tanto dal titolare di partita Iva quanto dal precario è la libertà con cui egli può svolgere la propria prestazione lavorativa. Che, poi, il lavoratore autonomo o quello provvisorio possano anche essere dei freelance, è fenomeno puramente accidentale e non dirimente.

 

 

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