Una legge che aiuta il popolo
e non sempre i poteri forti delle banche.
Il decreto legge semplificazione, Dl 135/2018, ha modificato alcuni articoli del codice di procedura civile, per proteggere i debitori che subiscono una procedura esecutiva: in particolare, sono previste nuove tutele per i debitori che sono contestualmente creditori della pubblica amministrazione, risulta più facile accedere alla conversione del pignoramento, ed i termini per pagare le rate del debito sono stati allungati da 3 a 4 anni.
Addio pignoramento?
Il pignoramento è l’espropriazione forzata dei beni del debitore, e può essere di diversi tipi: mobiliare, immobiliare e presso terzi, a seconda che l’espropriazione abbia ad oggetto beni mobili, immobili, o beni o crediti del debitore che sono nella materiale disponibilità di terzi.
Il decreto semplificazioni 2019 ha modificato la procedura esecutiva nei confronti del debitore, concedendogli più possibilità di liberarsi del proprio debito: in particolare, la legge ha reso più semplice convertire il pignoramento, e ha previsto maggiori tutele sul rilascio dell’immobile pignorato e sulla precisazione del credito.
La conversione
Il debitore ha la possibilità di convertire il pignoramento: può, cioè, trasformarlo, sostituendo ai beni (mobili o immobili) pignorati una somma di denaro. la somma comprende sia il debito, che gli interessi e le spese di procedura che il creditore ha dovuto anticipare.Il debitore può chiedere la conversione del pignoramento sino a quando non siano disposte la vendita o l’assegnazione dei beni, cioè entro la pronuncia della relativa ordinanza da parte del giudice. Contestualmente alla domanda di conversione del pignoramento, il debitore deve depositare una somma di denaro non inferiore ad un quinto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento. Dal 2019, con la nuova legge, la quota che deve essere versata assieme alla richiesta di conversione passa da un quinto a un sesto: il decreto semplificazione agevola dunque il debitore, concedendogli una maggiore elasticità nella conversione.La precedente normativa prevedeva il pagamento dilazionato in un massimo di 36 mesi, mentre il nuovo decreto ha allungato il termine a 48 mesi. La precedente normativa, in caso di ritardo nel pagamento anche di una sola rata, prevedeva una tolleranza di 15 giorni: il decreto semplificazione ha aumentato la tolleranza a 30 giorni.
Le nuove norme sul pignoramento modificano anche la disciplina riguardo alla custodia dell’immobile pignorato ed al suo rilascio a favore del creditore assegnatario o dell’acquirente, nel caso in cui il bene sia venduto.
Quando la procedura esecutiva ha ad oggetto un bene immobile, questo deve essere liberato dal debitore che ne era proprietario:
- in base alla precedente normativa, quando nell’immobile ci sono beni mobili che non debbono essere consegnati, o documenti inerenti allo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale, bisogna intimare al debitore tenuto al rilascio (o al proprietario dei beni mobili) di portarli via, entro un termine non inferiore a 30 giorni;
- in base alla nuova normativa sul pignoramento, se il debitore che deve rilasciare l’immobile è anche creditore, nei confronti di una pubblica amministrazione (questo deve risultare dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni dei crediti), di ammontare almeno pari al suo debito, il giudice, attraverso il decreto di trasferimento del bene espropriato, può disporre il rilascio dell’immobile entro un termine che va dai 60 ai 90 giorni. In buona sostanza, il decreto semplificazione ha aumentato il termine per il rilascio.
A nostro parere, questa legge aiuterà pochissime famiglie ma anche rari imprenditori, visto che aiuta solamente nei casi limite , appunto con il famoso “caso Bramini”. L’imprenditore che perse la casa nonostante lo Stato gli dovesse ben 4 milioni di euro, ma è comunque un primo piccolissimo cambiamento per aiutare un popolo allo stremo, alla disperazione.
Noi ci auguriamo non una ma ben 10-100-1000 leggi a favore del Popolo per ripristinare il giusto equilibrio sociale. Non ricordiamo più in Italia dei Governi sociali perchè la storia la scrive chi vince.
Ecco cosa scrisse l’economista inglese Henry C.K.Liu sull’incredibile trasformazione tedesca avvenuta con un governo Sociale, l’ultimo per la Germania.
“I Nazional Socialisti arrivarono al potere in Germania nel 1933, in un momento in cui l’economia era al collasso totale, con una disoccupazione incontrollata e il popolo alla fame. Insomma zero prospettive per il credito e gli investimenti stranieri. Ma attraverso una politica di sovranità monetaria indipendente e un programma di lavori pubblici che garantiva la piena occupazione, il Governo del Popolo riuscì a trasformare una Germania in bancarotta, nell’economia più forte d’Europa, in soli quattro anni, ancor prima che iniziassero le spese per gli armamenti“.
In Billions for the Bankers, Debts for the People (Miliardi per le Banche, Debito per i Popoli, 1984), Sheldon Henry commentava: “Dal 1935 in poi, la Germania iniziò a stampare una moneta libera dal debito e dagli interessi, ed è questo che spiega la sua travolgente ascesa dalla depressione alla condizione di potenza mondiale in soli 5 anni. La Germania finanziò il proprio governo e tutte le operazioni a favore del popolo, senza aver bisogno di oro né debito, e fu necessaria l’unione di tutto il mondo capitalista e comunista per distruggere il potere della Germania sull’Europa e riportare l’Europa sotto il tallone dei banchieri“. In 5 anni era stata sconfitta la disoccupazione e ridistribuita la ricchezza. Meno ai ricchi privati e più al popolo affamato. l’1% della popolazione più ricca si è intasca l’82% della ricchezza prodotta in un anno. (Leggi qui)
Cosa vorremmo per l’Italia? Che si usasse lo stesso sistema utilizzato da Abraham Lincoln, che aveva finanziato la nascita del paese chiamato Stati uniti d’America con banconote stampate dallo Stato, che venivano chiamate “Greenbacks“.
Cosa possono stampare i banchieri? Moneta. Cosa non possono stampare: il tempo.
“Per ogni marco che viene stampato, noi abbiamo richiesto l’equivalente di un marco di lavoro svolto o di beni prodotti“. I lavoratori spendevano poi i certificati in altri beni e servizi, creando lavoro per altre persone.
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