Lo strano sms sul cellulare, poi spariscono 2.400 euro

occhio all’ultima truffa

 

 

Una donna brindisina si è vista sottrarre i dati personali e più di 2.400 euro che aveva sul conto corrente. Ecco come sono andate le cose e vi invitiamo a condividere in rete l’informazione. Ricordiamo che condividere  è Etico e Socialmente utile. 

Purtroppo ogni tanto ” scopriamo” nuovi sistemi di truffare gli utenti del servizio telefonico ma certamente negli  ultimi anni sono stati numerosi i casi di truffe informatiche segnalati da Avvocato in Famiglia che riguardano possessori di carte e conti di varia tipologia.

L’ultimo riguarda una Postepay

E’ stato registrato e segnalato alle Autorità preposte una truffa  ai danni di una Famiglia  brindisina che, rispondendo a un messaggio da parte di un mittente che si spacciava per “Poste Italiane”, si è vista sottrarre i dati personali e più di 2.400 euro che aveva sul conto.

Le truffe informatiche non hanno accennato a placarsi, nemmeno durante il periodo di lockdown, anzi,  quando tutto il Paese si è fermato per emergenza sanitaria da Covid-19. E’ proprio durante questo periodo di chiusura totale che una famiglia, a fine aprile, ha ricevuto un sms sul numero di cellulare collegato alla sua carta Postepay Evolution in cui veniva invitata ad aggiornare i suoi dati personali per questioni di sicurezza e le venivano fornite le relative istruzioni da seguire. Era un palese caso di phishing, truffa informatica effettuata inviando un’e-mail o un messaggio in cui si invita il destinatario a fornire dati riservati (numero di carta di credito, password di accesso al servizio di home banking, ecc.), motivando tale richiesta con ragioni di ordine tecnico.

Convinta che si trattasse davvero di un messaggio proveniente dal canale ufficiale di Poste, la signora ha seguito alla lettera tutte le indicazioni, inserendo i suoi dati sensibili, non accorgendosi che, invece, dall’altra parte c’era un pirata informatico che le stava rubando, oltre ai dati personali, anche i soldi sul suo conto. Solo qualche tempo dopo, in modo casuale, la consumatrice era venuta a conoscenza del prelievo non autorizzato di più di 2.400 euro sul suo conto corrente e si era immediatamente recata all’Ufficio postale per segnalarlo e bloccare la sua carta.

CHI PAGA I DANNI? I SOLDI SONO PERSI ? 

Ecco quindi che finalmente la Famiglia ha deciso di rivolgersi all’associazione per chiedere assistenza nella richiesta di rimborso a Poste Italiane. “La responsabilità è da ascrivere visibilmente all’Azienda – secondo quanto affermato l’Avvocato Etico,  e, precisamente, al sistema di sicurezza adottato che appare del tutto insufficiente. A dimostrazione di questo, vi è il fatto che quello contestato non è l’unico episodio avvenuto ad oggi, in quanto diversi altri assistiti dall’associazione hanno subito la perdita di somme per gli stessi motivi”. Ci sarà da attendere per capire quale possa essere l’esito finale della vicenda. L’Associazione ricorda a tutti i cittadini di prestare molta attenzione a sms ed e-mail che rimandano a link o invitano a inserire i propri dati; invita, inoltre, a segnalare la ricezione di messaggi sospetti ai canali ufficiali di Poste e all’indirizzo: aiuto@avvocatoinfamiglia.com 

 

Siete stati vittima di una truffa sulla Postepay?

E’ una delle truffe telematiche più diffuse è, sicuramente, quella perpetrata ai danni dei possessori di carte Postepay prepagate.

Il circuito bancario internazionale prevede un’apposita procedura, denominata “chargeback”, che si attiva con la richiesta alla società emittente, da parte del titolare di una carta di credito, di storno di una o più transazioni già avvenute, ma non autorizzate.

In tali casi, il titolare della carta deve inviare alla suddetta società, a mezzo raccomandata, entro 60 giorni dalla data di emissione dell’estratto conto da cui risultano tali movimenti “incriminati”, una contestazione scritta, con allegate le copie delle documentazioni contabili, della carta di credito posseduta e della denuncia contro ignoti effettuata presso le autorità competenti.

L’istituto emittente, che nel caso della carta Postepay è la Visa, provvederà a rimborsare direttamente al titolare le somme contestate oppure, dopo aver provveduto a porre in essere tutte le verifiche del caso presso i soggetti coinvolti dalle transazioni effettuate, negherà il rimborso.  In soccorso, pare essere venuta la Giurisprudenza della Cassazione la quale ha stabilito che un istituto di credito si deve ritenere responsabile dell’eventuale clonazione della carta da parte di terzi, in quanto al medesimo istituto è richiesto l’utilizzo di una diligenza particolarmente qualificata nell’adottare tutte le misure idonee a evitare manomissioni dei dati delle carte di credito e conseguenti transazioni non autorizzate.

In caso di hacking, quindi, è sempre consigliabile rivolgersi direttamente alla società Poste Italiane chiedendo il rimborso della somma oggetto della transazione che si disconosce, allegando inoltre copia della denuncia presentata alle autorità.

A volte, però, la richiesta di rimborso inoltrata a Banco Posta riceve un secco rifiuto quando la carta “clonata” è stata utilizzata per un pagamento in favore di un sito di e-commerce che utilizza un protocollo 3D Secure, circostanza, questa, che – a detta di Banco Posta – impedirebbe di prendere qualsiasi iniziativa nei confronti della banca che gestisce gli incassi del merchant.

In verità non è così.Le poste devono pagare! Lo dice la cassazione

Con il nome di protocolli 3D Secure, si indicano i protocolli di sicurezza ideati dai circuiti internazionali per le vendite e-commerce, in particolare dal circuito Visa (protocollo Verified by Visa – VbV), e dal circuito MasterCard (protocollo MasterCard SecureCode – Msc). Tali protocolli assicurano una maggiore tutela sulle compravendite via internet, essendo richiesta l’autenticazione del pagamento per mezzo dell’inserimento di una password personale da parte del titolare della carta di credito durante ogni acquisto effettuato sui siti di e-commerce che aderiscono ai protocolli stessi.

In caso di frode, il sito di e-commerce che aderisce ai protocolli 3D Secure è esonerato da qualsiasi responsabilità nei confronti del titolare della carta, il quale, qualora intendesse disconoscere una spesa effettuata, dovrà rivolgersi direttamente alla società che ha emesso la carta di credito. Quindi, in tali casi, l’unica strada percorribile resta quella di agire legalmente avverso la risposta negativa dell’ufficio gestione reclami del Banco Posta, al fine di ottenere, con l’intervento del Tribunale, tutti i dati ed i riferimenti utili a identificare l’account ricaricato e quindi l’identità della persona beneficiaria.

In ogni caso, chiamando o contattando a mezzo mail o whatsApp l’associazione forniremo le informazioni dettagliate circa lo svolgimento dei vari procedimenti, sulle tempistiche, in relazione alla documentazione necessaria per dare avvio alla pratica.

 


Volete maggiori informazioni?

Mail – info@avvocatoinfamiglia.com
Numero verde (09:00-12:00- 15:00-17:00) – 800 134 008 
WhatsApp (orario continuato) – 3388310374


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