Eredità  ed accettazione con beneficio di inventario!

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Effetti, vantaggi, termini, adempimenti e procedimento.

Nel caso di successione, gli eredi acquistano, in base alla rispettiva quota percentuale, tanto i debiti quanto i crediti del defunto. Quindi, per esempio, nel caso di decesso del padre che lascia una moglie e un figlio, la donna acquisterà il 50% dei crediti e dei debiti, mentre il figlio il restante 50%. Solo il legatario – ossia colui che ottiene dal testatore solo uno o più specifici beni, senza perciò essere erede di una quota ideale dell’intero patrimonio – non acquista i debiti.

La valutazione circa la convenienza dell’accettazione dell’eredità è assai delicata: questo perché, se il patrimonio attivo del defunto è di solito quasi sempre noto (una casa, un conto corrente, una pensione), non sempre lo sono i debiti. Esistono dei sistemi per verificare se il compianto parente ha lasciato passività, specie con il fisco, ma, anche conoscendo tali dati, non sempre è possibile farsi un’idea precisa di ciò che si rischia divenendo eredi. Quando l’incertezza è particolarmente elevata o si ha la consapevolezza di essere divenuti eredi di un patrimonio con più debiti che crediti, la legge consente di dire addio ai debiti e, quindi, di evitare le aggressioni dei suoi creditori.

Come non ereditare i debiti?

Il figlio è un erede “necessario” dei propri genitori: non può essere, cioè, né diseredato né dimenticato. Questo, in pratica, significa che, tanto nell’ipotesi in cui il defunto abbia fatto testamento, tanto nell’ipotesi contraria, alla prole spetta sempre una percentuale variabile dell’eredità e quindi, anche dei debiti. Per chi, però, non vuol correre il rischio di succedere alle passività del padre o della madre, la legge appresta due strumenti differenti: la rinuncia all’eredità o l’accettazione con beneficio di inventario. Vediamo come funzionano.

LA RINUNCIA ALL’EREDITÀ

Cos’è la rinuncia all’eredità? 

Con la cosiddetta rinunzia all’eredità il chiamato dichiara di non voler acquistare l’eredità del parente (nel caso di specie, il genitore). Con quest’atto egli fa cessare gli effetti della delazione verificatasi nei suoi confronti a seguito dell’apertura della successione e rimane, pertanto, completamente estraneo alla stessa, con la conseguenza che nessun creditore potrà rivolgersi a lui per il pagamento di debiti ereditari, né egli potrà esercitare alcuna azione ereditaria o acquisire alcun bene dell’asse. La rinuncia è un atto solenne e, come tale, va fatta rispettando determinate forme. Essa cioè si può fare con una dichiarazione espressa resa dal chiamato (o da un suo rappresentante):

– ad un notaio

– al cancelliere del tribunale ove si è aperta la successione. La dichiarazione viene inserita nel registro delle successioni.

Non si può sottoporre la rinuncia a condizioni o a termini: per esempio, sarebbe nulla la rinuncia condizionata al fatto che si facciano vivi i creditori. In tal caso, il soggetto diverrebbe erede a tutti gli effetti e perderebbe il beneficio della rinuncia. Non si può rinunciare solo a una parte di eredità: la rinuncia, infatti, investe tutta la quota spettante all’erede. Una volta fatta la rinuncia non si può più tornare indietro, in quanto tale dichiarazione non è revocabile. Non si può rinunciare all’eredità prima che il genitore muoia, ma solo dopo l’apertura della successione.

Entro quanto tempo si può rinunciare all’eredità?

La rinuncia può essere fatta entro 10 anni dall’apertura della successione. Tuttavia, se l’erede, al momento del decesso del parente, era nel possesso dei beni costituenti l’asse ereditario (si pensi al figlio convivente con la madre), non si applica più il termine di 10 anni, ma uno molto più breve. A riguardo la legge impone all’erede di fare un inventario entro quattro mesi e, nei successivi 40 giorni, decidere se rinunciare all’eredità o accettarla con beneficio di inventario (v. dopo); in mancanza di tali dichiarazioni l’erede acquista automaticamente la sua quota di eredità comprensiva di debiti e crediti.

Gli effetti della rinunzia all’eredità 

La rinuncia ha effetto retroattivo: pertanto il rinunziante si considera come mai chiamato all’eredità.

I creditori e l’impugnazione della rinuncia

La rinuncia dell’eredità può essere impugnata dai creditori dell’erede se tale atto di rinuncia può pregiudicare le loro ragioni. Costoro, entro 5 anni dalla rinunzia, possono farsi autorizzare dal giudice ad accettare l’eredità in nome ed in luogo dell’erede, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. L’accettazione compiuta dai creditori consente quindi al creditore di soddisfarsi sul contenuto dell’eredità che per il chiamato è già perduto in conseguenza della rinuncia. Per esempio: si pensi al caso in cui Tizio, nullatenente senza redditi e debitore di Sempronio di 5.000 euro, rinunzia all’eredità di Caio. Sempronio può farsi autorizzare ad accettare l’eredità di Caio in nome e in luogo del rinunciante Tizio, per soddisfarsi sui beni ereditari fino a concorrenza del suo credito.

Decadenza dalla rinuncia dell’eredità

L’eredità non può essere più rinunziata e si intende accettata puramente e semplicemente quando il chiamato:

– abbia sottratto o nascosto beni ereditari;

– sia nel possesso di beni ereditari, trascorsi i 3 mesi dall’apertura della successione, senza aver fatto l’inventario e la dichiarazione di rinunzia o di accettazione nei 40 giorni successivi.

Accettazione con beneficio d’inventario

Cos’è l’accettazione con beneficio d’inventario

Con l’accettazione con beneficio d’inventario (o beneficiata) l’erede può impedire la confusione tra il suo patrimonio e quello del soggetto defunto, circoscrivendo le conseguenze economiche di una successione poco conveniente (cioè, di una successione le cui passività superino le attività): in questo caso, infatti, l’erede ottiene dalla legge – mediante la separazione del suo patrimonio personale da quello del defunto – di rispondere delle obbligazioni trasmessegli da quest’ultimo solo nei limiti del valore del patrimonio ereditario. Per esempio, se un soggetto, a seguito della divisione del patrimonio del padre defunto, acquista la proprietà di una casa e di un’automobile, i creditori che eventualmente intendano far valere nei confronti degli eredi le ragioni di credito che avevano verso i defunto, potranno pignorare solo tale casa e l’automobile e non, anche, i beni personali dell’erede.

Forma dell’accettazione beneficiata 

Anche in questo caso è necessario una dichiarazione solenne dell’erede, fatta dinanzi a:

– un notaio

– il cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione.

Tale dichiarazione va inserita nel registro delle successioni presso il tribunale del luogo di apertura della successione e va trascritta presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo di apertura della successione.

Entro quanto tempo si può accettare l’eredità con beneficio?

Anche qui, occorre distinguere:

– se il chiamato è nel possesso dei beni ereditari, deve compiere il loro inventario entro 3 mesi dall’apertura della successione o dalla notizia della devoluta eredità e deve decidere se accettare o rinunciare nei 40 giorni successivi: se questi termini non sono rispettati, il chiamato è considerato erede puro e semplice; se compie prima l’accettazione deve comunque fare l’inventario entro 3 mesi dall’apertura della successione, altrimenti è erede puro e semplice. Per esempio: Tizio, chiamato all’eredità del padre Caio, e nel possesso dei beni ereditari, ha cominciato l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione e, non essendo stato in grado di completarlo, ha ottenuto dal giudice competente una proroga di tre mesi. Se trascorrono gli ulteriori tre mesi senza che l’inventario sia stato compiuto, Tizio è considerato erede puro e semplice.

– se il chiamato non è nel possesso di beni ereditari, può accettare con beneficio finché non sia prescritto il diritto di accettazione ossia 10 anni. Se, però, fa l’inventario, deve entro 40 giorni accettare l’eredità, altrimenti perde tale diritto; se fa, invece, l’accettazione con beneficio, deve entro 3 mesi provvedere a redigere l’inventario, salva la proroga, altrimenti diviene erede puro e semplice.

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