Mutui in valuta estera, Corte Ue: ecco le informazioni che la banca deve dare al consumatore

La Corte di giustizia dell’Ue si è espressa su alcuni casi di mutui in valuta estera. La banca deve avvertire il cliente non solo del generico rischio di cambio ma anche del contesto economico prevedibile che può avere ripercussioni sulle variazioni del tasso di cambio

Nei mutui espressi in valuta estera, la banca deve avvertire il cliente non solo del generico rischio di cambio ma anche del contesto economico prevedibile che può avere ripercussioni sulle variazioni del tasso di cambio e comportare questo rischio.

Un consumatore che abbia sottoscritto un contratto di mutuo in valuta estera e che non conosce il carattere abusivo di una clausola inserita in questo contratto non può essere soggetto ad alcun termine di prescrizione per la restituzione degli importi pagati sulla base di tale clausola. Infatti, anche se al consumatore viene detto che esiste un rischio di cambio, questa informazione non è trasparente se si basa sull’ipotesi che la parità fra la moneta di conto e la moneta di pagamento resterà stabilenel corso di tutta la durata del contratto. È quanto ha detto oggi la Corte di giustizia europea in relazione ai mutui in valuta estera.

Il caso dei mutui in valuta estera

Nel dettaglio, il caso riguarda alcuni consumatori che nel 2008 e 2009 avevano sottoscritto presso la banca BNP Paribas Personal Finance dei contratti di mutuo ipotecario espresso in franchi svizzeri e rimborsabile in euri per finanziare l’acquisto di beni immobili o di quote di società immobiliari.

A causa delle caratteristiche di questri mutui, la loro sottoscrizione comportava un rischio di cambiocollegato alle fluttuazioni del corso dell’euro rispetto a quello franco svizzero. Sebbene la sussistenza di questo rischio non fosse menzionata in modo espresso nei contratti di mutuo, ne derivava comunque indirettamente che simile rischio vi era inerente e gravava sul consumatore.

I consumatori hanno avuto difficoltà nel pagare le rate mensili. Sono dunque stati avviati dei procedimenti giudiziari e i giudici francesi sono stati chiamati a esaminare se le clausole dei contratti di mutuo, che avevano esposto i consumatori ad un rischio di cambio senza un limite massimo, dovessero, alla luce della direttiva sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori essere considerate come abusive e, per tale motivo, come non vincolanti per i mutuatari. Il caso è dunque finito alla Corte di giustizia.

Le sentenze della Corte Ue

La Corte ricorda prima di tutto che «le clausole abusive contenute in un contratto stipulato con un consumatore non vincolano quest’ultimo e devono essere considerate come se non fossero mai esistite».

Di conseguenza, «una domanda proposta dal consumatore ai fini dell’accertamento del carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto del genere non può essere sottoposta a un qualsivoglia termine di prescrizione».

La Corte rileva che «un termine di prescrizione per la restituzione di importi versati sulla base di una clausola abusiva che rischia di essere scaduto ancor prima che il consumatore possa essere a conoscenza della natura abusiva di detta clausola non può in alcun caso essere compatibile con la direttiva».

La Corte si è espressa anche sulla trasparenza delle informazioni date in questi casi di mutui in valuta estera.

Per la Corte infatti «non soddisfa il requisito di trasparenza la comunicazione, al momento della conclusione del contratto, da parte del professionista al consumatore, di informazioni, anche numerose, se queste ultime sono fondate sull’ipotesi che la parità tra la moneta di conto e la moneta di pagamento rimarrà stabile per tutta la durata del contratto. Ciò vale in particolare quando il consumatore non è stato avvertito dal professionista del contesto economico che può avere ripercussioni sulle variazioni dei tassi di cambio».

Altro argomento riguarda la conoscenza del contesto economico, le eventuali ripercussioni sul cambiamento dei tassi di cambio e il rischio che le clausole fanno gravare sul consumatore.

Per la Corte di giustizia «clausole del genere possono dar luogo ad un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto di mutuo a danno del consumatore. In effetti, nella misura in cui il professionista non ha rispettato il requisito di trasparenza nei confronti del consumatore, tali clausole sembrano far gravare su detto consumatore un rischio sproporzionato in relazione alle prestazioni e all’importo del prestito ricevuti, giacché la loro applicazione ha la conseguenza che questi debba sopportare il costo dell’andamento dei tassi di cambio a termine».

 


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