BUONI FRUTTIFERI: LA BATTAGLIA CONTRO IL MURO DI GOMMA

Rimborsi buoni fruttiferi postali ancora in discussione

Anche Noi , come altre associazioni Nazionali, abbiamo  scritto al Mef, alla Cassa Depositi e Prestiti e a Poste Italiane per chiedere che vengano applicate le disposizioni dell’Abf sui rimborsi per i buoni fruttiferi postali della serie Q/P, senza che le associazioni si trovino costrette ad intasare le aule di tribunale.

“La scelta di Poste Italiane di non rimborsare i consumatori, nonostante le numerose vittorie ottenute davanti all’Arbitro Bancario Finanziario, costringe a intasare i tribunali“. Lo sostengono gli avvocati Etici , che hanno  scritto al Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla Cassa Depositi e Prestiti e a Poste stessa per chiedere spiegazioni in merito alla mancata ottemperanza alle decisioni dell’Abf sui rimborsi dei frutti tra il 21mo ed il 30mo anno, per i buoni postali fruttiferi della serie Q/P.

Dopo decine di vittorie in sede Arbitrale relativamente alla mancata erogazione dei frutti tra il 21mo ed il 30mo anno, per i buoni della serie Q/P  – l’ultima dello scorso 10 maggio del collegio di Bari n. 11971/21, che ha accolto le ragioni di un associato  – , esprimiamo  biasimo rispetto alla decisione di Poste di non rimborsare quanto disposto dall’ABF, l’arbitro della Banca d’Italia.

“Consola il fatto che  dopo tante pronunce dell’Abf rimaste inascoltate, adesso anche alcuni Tribunali aderiscono alle indicazioni dell’arbitro. Di recente il Tribunale di Benevento ha condannato al pagamento degli interessi anche sugli ultimi 10 anni di durata del buono, secondo quanto scritto a tergo del documento contrattuale che Poste ha consegnato ai propri cliente, inducendoli così a credere (in buona fede) in una fruttificazione poi negata dopo 30 anni”.

“Confconsumatori – prosegue l’associazione – è, dunque, costretta a suggerire ai propri associati, che hanno ottenuto pronunce positive da parte dell’Arbitro Bancario Finanziario presso Banca d’Italia, di far valere i loro diritti economici dinanzi ai Tribunali”.

L’associazione ha chiesto, dunque, ufficialmente, al Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla Cassa Depositi e Prestiti, oltre che a Poste Italiane, di conoscere i motivi per cui un ente pubblico si sottragga volontariamente alla decisione di Banca d’Italia, una scelta che – sottolinea – “andrà ad intasare le aule di giustizia”.

 

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