Fonte Financial Times

Il colosso bancario verserà a oltre 4mila clienti fino ai 600 milioni di euro. A deciderlo il giudice dopo una causa civile.
Erano stati attratti da tassi sulle ipoteche più bassi e così avevano accettato di accendere mutui in franchi svizzeri.

Si tratta di oltre 4 mila clienti francesi – per lo più residenti nella zona alpina di confine con la Svizzera – che a loro dire non erano stati sufficientemente informati sul rischio valutario.

A seguito infatti della crisi finanziaria del 2008 e a quella del debito nella zona euro, a partire dal 2010 il franco svizzero iniziò a rafforzarsi sull’euro, con conseguente lievitazione dei costi di rimborso per chi aveva acceso il debito.

Ecco che l’associazione consumatori transalpina CLCV, in rappresentanza di chi aveva sottoscritto il prodotto ipotecario “Helvert Immo” per acquistare piccoli immobili con importi medi di partenza pari a circa 130mila euro, si è accordata con sentenza del tribunale civile di Parigi per un risarcimento complessivo, che costerà all’istituto di credito dai 400 e fino ai 600 milioni di euro.

Dunque, il rischio valutario e il conseguente aumento dei costi di rimborso a causa del franco forte, secondo il giudice, sarebbero riconducibili a fluttuazioni valutarie di cui la banca viene in una certa misura ritenuta responsabile. Ecco che i clienti potranno ora ricevere un indennizzo utile ad alleggerire il peso del debito contratto per comprare casa.

«Soddisfazione» è la reazione di CLCV raccolta dal Finacial Times, mentre BNP, sempre secondo il quotidiano finanziario, ha confermato che l’accordo giudiziale sarà valido per tutti i clienti interessati.

La vicenda che ha portato alla pronuncia della Corte di Giustizia riguarda alcuni consumatori che nel 2008 e nel 2009, hanno sottoscritto presso la banca BNP Paribas Personal Finance dei contratti di mutuo ipotecario espresso in franchi svizzeri (CHF) e rimborsabile in euro per finanziare l’acquisto di beni immobili o di quote di società immobiliari.

A causa delle caratteristiche di tali mutui, la loro sottoscrizione comportava un rischio di cambio collegato alle fluttuazioni del corso dell’euro rispetto a quello del CHF. Sebbene la sussistenza di detto rischio non fosse menzionata in modo espresso nei contratti di mutuo, ne derivava nondimeno indirettamente che simile rischio vi era inerente e gravava sul consumatore.
Successivamente, a causa della vicende che hanno interessato la valuta svizzera, il cambio è ha determinato un enorme incremento del debito per i clienti, che    hanno riscontrato difficoltà a pagare le rate mensili.

I procedimenti sono stati avviati, al tribunal d’instance de Lagny-sur-Marne e al tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi, Francia. I giudici francesi hanno sottoposto alla Corte di giustizia una serie di questioni sull’interpretazione della direttiva.

La Corte ricorda che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato con un consumatore non vincolano quest’ultimo e devono essere considerate come se non fossero mai esistite, cosicché non possono avere effetti sulla sua situazione di diritto e di fatto. Di conseguenza, la Corte la domanda proposta ai fini dell’accertamento del carattere abusivo della clausola non può essere sottoposta a un qualsivoglia termine di prescrizione.

Ciò posto, la Corte la direttiva non osta ad una disciplina nazionale che assoggetta a un termine di prescrizione l’azione volta a far valere gli effetti restitutori di tale dichiarazione. Tuttavia, la Corte rileva che un termine di prescrizione per la restituzione di importi versati sulla base di una clausola abusiva che rischia di essere scaduto ancor prima che il consumatore possa essere a conoscenza della natura abusiva di detta clausola non può in alcun caso essere compatibile con la direttiva.

La corte poi, rinvia ai giudici nazionali il compito di rinvio valutare se effettivamente le clausole controverse stabiliscano un elemento essenziale che caratterizza i contratti di mutuo e se le stesse siano state formulate in maniera chiara e comprensibile.   Infatti l’informazione fornita dal mutuante al consumatore sull’esistenza del rischio di cambio non soddisfa il requisito di trasparenza se è basata sull’ipotesi che la parità fra la moneta di conto e la moneta di pagamento resterà stabile nel corso di tutta la durata del contratto. In conclusione la Corte ritiene che clausole del genere possono dar luogo ad un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto di mutuo a danno del consumatore  faendo gravare su detto consumatore un rischio sproporzionato in relazione alle prestazioni e all’importo del prestito.
I principi di diritto espressi dalla corte di giustizia possono avere importanti  conseguenze sui contratti di mutuo parametrati al stipulati in Italia  e collegati al rapporto di cambio Euro/Franco proposti da U  Hypo Alpe Adria Bank e Banca Woolwich (Barklays Bank PLC) oltre alla UBI BANCA oggi assorbita dal Gruppo intesa San Paolo e altre banche minori ma non per questo esenti da responsabilità! 

 

Sentenza 10 giugno 2023 causa C-609/19

Sentenza 10 Giugno 2023 cause riunite da C-776/19 a C-782/19

 

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