Quando il recupero crediti diventa stalking

In associazione spesso  giungono segnalazioni di vere e proprie molestie telefoniche od addirittura stalking bancario.  Ecco cosa dovete sapere per far valere i vostri diritti e quando il recupero crediti diventa illegittimo.

 

È possibile che l’esercizio di un proprio diritto (riscuotere un credito) possa tramutarsi in un reato?

Sembra strano, ma la giurisprudenza ha oramai pacificamente ammesso che anche un comportamento  legittimo e giustificato dalla legge può tramutarsi in un fatto penalmente perseguibile. Il caso più emblematico si ha quando il recupero crediti diventa stalking.

 

Cosa dovete sapere per difendere la famiglia

È oramai pacifico: il creditore che, in maniera assidua, chiede al proprio debitore i soldi che gli spettano rischia di incorrere nel reato di stalking. A prima vista sembrerebbe un’ingiustizia bella e buona. Non solo chi ha prestato del denaro non se lo vede restituito, ma addirittura rischia una denuncia!

L’ipotesi è nel caso delle società di recupero crediti che, come predatori affamati, danno la caccia ai debitori. Non sono rari i casi in cui gli operatori telefonici ricorrono a mezzi poco ortodossi: non si fanno scrupoli, per esempio, di alzare la voce, minacciare l’intervento di esattori, preannunciare imminenti espropriazioni immobiliari.

Sono minacce e non possono definirsi  recupero del credito

Spesso, poi, la ricerca del debitore avviene presso luoghi ove invece dovrebbe essere rispettata la sua privacy, come il posto di lavoro o l’abitazione di parenti.

In tutte queste ipotesi è ravvisabile il reato di atti persecutori (meglio conosciuto come stalking), ovvero quello di molestia telefonica. Ma non solo. Cerchiamo di capirne di più esaminando i casi più frequenti in cui il recupero crediti diventa stalking.

 

Quando il recupero crediti diventa illecito deontologico?

Il codice di procedura civile sancisce il dovere per le parti e i relativi difensori di comportarsi in giudizio con lealtà. La stessa norma prevede che ilgiudice debba riferire all’autorità che esercita il controllo disciplinare sull’avvocato. Non a caso, il codice deontologico forense dice che: «L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura».

In pratica, non soltanto il creditore, ma anche l’avvocato può rispondere del comportamento scorretto. Su di lui, infatti, incombe il dovere di consigliare al suo cliente di astenersi da azioni intraprese in mala fede.

Ma c’è dell’altro. Non tutti sanno che anche gli agenti esattoriali di professione devono rispettare un codice morale. Nello specifico, il personale iscritto nei registri di qualifica Unirec (Unione nazionale imprese a tutela del credito) sono vincolati al rispetto di un vero codice deontologico, proprio come gli avvocati.

Tra le norme contenute in questo testo, ve ne sono alcune importantissime a tutela del debitore. In particolare, l’esattore:

  1. Deve tenere nei confronti del debitore una condotta ferma e determinata, senza mai sfociare in atteggiamenti vessatori, insolenti o inutilmente petulanti.
  2. Non può esercitare pressioni indebite o minacce nei confronti del debitore, al fine di indurlo al pagamento.
  3. Si deve presentare al debitore con discrezione e con cura nell’aspetto esteriore, avendo il massimo rispetto delle persone contattate e della loro vita privata.
  4. Deve svolgere l’attività come da mandato ricevuto, con lealtà, correttezza, nella massima riservatezza e segretezza professionale. Con divieto assoluto di divulgare, anche parzialmente, le notizie e le informazioni sia rilevate dalla pratica affidata, sia assunte eventualmente nel corso del recupero del credito.

 

Quando il recupero crediti diventa molestia?

Il recupero crediti può superare la soglia del lecito quando si trasforma in reato.

Una prima condotta delittuosa è quella del creditore che letteralmente tempesta di telefonate il debitore. Secondo il codice penale, chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro.

Si configura il reato di molestie quando il creditore, nel pretendere il pagamento al telefono, usi modalità moleste e petulanti (es. assillanti squilli a tutte le ore del giorno e della notte).

Di conseguenza, il creditore che sconfini nella sfera privata altrui, violando la privacy o il riposo, può rispondere penalmente del suo comportamento. Si pensi alle chiamate fatte durante le ore di riposo, oppure ripetute continuamente. Per non parlare, poi, del caso in cui si sfoci nelle minacce vere e proprie. Nessun recupero crediti può essere giustificato da un reato.

 

Quando il recupero crediti diventa stalking?

Nei casi più estremi il recupero crediti può sfociare nel grave delitto di stalking. La legge punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte ripetute nel tempo, minaccia o molesta taluno in modo da:

  • Provocargli un grave stato di ansia o di paura.
  • Suscitare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva.
  • Costringere la vittima a modificare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

 

Il recupero crediti da parte delle società

Sono diversi i modi in cui un creditore (o, molto più frequentemente, una società di recupero crediti) può perseguitare un debitore. Si ha stalking in presenza di fax, e-mail, telefonate continue che intimano al pagamento con toni minacciosi (anche utilizzando vesti grafiche simili a quelle dell’Agenzia delle Entrate) con l’unico scopo di intimidire.

Può succedere che l’incaricato al recupero crediti si presenti a casa: non essendo un pubblico ufficiale, né un ufficiale giudiziario, non può introdursi nell’abitazione senza consenso del debitore il quale, quindi, può legittimamente decidere di non aprire.

Ugualmente vietate sono quelle pratiche persuasive (tipo le affissioni di avvisi di mora sulla porta di casa o nell’androne del condominio). Questa condotta costituisce una grave violazione della privacy. Inoltre, non si può essere contattati sul luogo di lavoro o tramite vicini di casa o, in generale, persone estranee al debito, inclusi parenti stretti, senza l’autorizzazione del debitore.

Stalking bancario: Esiste?

Le pratiche persecutorie messe in atto dalle società di recupero crediti sono diventate talmente diffuse da aver spinto il governo a proporre l’introduzione di un reato ad hoc: lo stalking bancario. Il delitto avrebbe dovuto prevedere la punibilità delle società di recupero crediti che lavorano per conto di banche, società finanziarie e grandi aziende.

La nuova figura criminosa sarebbe consistita in un’aggravante del reato di stalking già esistente. Aggravante volta a punire le pratiche scorrette comunemente utilizzate per il recupero crediti, quali: telefonate a qualsiasi ora, intimazioni fittizie, pressioni di ogni tipo per indurre i debitori a saldare quanto dovuto.

Purtroppo, il disegno di legge non è mai giunto a completa approvazione. Per questo motivo, una società di recupero crediti oggi può rispondere di stalking secondo la comune norma prevista dal codice penale. Perché il creditore risponda di questo reato, è necessario che egli ponga in essere condotte reiterate (ne bastano anche solo due), che costringano la vittima a peggiorare il proprio stile di vita o che gli causino un grave stato di ansia.

 

Avete dei diritti e noi li facciamo rispettare.


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