I ritardi nei pagamenti dei canoni di locazione degli esercizi commerciali chiusi per lockdown vanno valutati «con flessibilità» e non legittimano la risoluzione del contratto. Condividiamola

L’emergenza economica Coronavirus salva i ritardi nel pagamento dell’affitto accumulati durante il periodo di chiusura per lockdown degli esercizi commerciali: lo ha stabilito una nuova sentenza del Tribunale di Roma che ha escluso la risoluzione del contratto nei confronti del conduttore moroso.

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Si trattava di un centro estetico che non aveva pagato i canoni di locazione dovuti per i mesi di marzo e di aprile di quest’anno; nello specifico, il versamento dell’importo dovuto per marzo era stato eseguito solo parzialmente, mentre quello di aprile era stato completamente omesso.

Il locatore aveva avviato l’azione di risoluzione, ma il Tribunale ha detto stop applicando la norma introdotte dal decreto Cura Italia  che ha previsto una eccezionale causa di esclusione della responsabilità del debitore per inadempimento, stabilendo che «il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore ( ai sensi e per gli effetti degli art. 1218 Cod. civ.1223 Cod. civ.) , anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti» Così, secondo i giudici romani, i ritardi intervenuti nel pagamento dei canoni sono «da valutare con maggiore flessibilità», anche perché nel complessivo svolgimento del rapporto non si erano registrati altri episodi rilevanti di morosità: c’erano stati solo tre pagamenti tardivi in più di tre anni di vigenza del contratto di locazione. Troppo poco per far ritenere sussistente il «grave inadempimento» previsto dalla legge e di conseguenza dichiarare lo scioglimento del contratto. Perciò, la domanda del locatore è stata respinta; bisogna però precisare che la vicenda giudiziaria aveva un antefatto poiché il locatore, prima dell’emergenza Coronavirus, aveva già intimato lo sfratto per morosità (il canone di ottobre 2018 era stato pagato solo in parte e quello di dicembre era stato omesso), ma la società conduttrice aveva saldato le mensilità arretrate; il locatore però aveva proseguito nell’azione chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento (ma senza reiterare la domanda di condanna al rilascio dell’immobile). Quindi, i ritardi nei pagamenti dovuti per i canoni di marzo e aprile 2020 si sono innestati in corso di causa e sono stati eccepiti dall’attore nelle memorie integrative e conclusionali del giudizio, dando modo al giudice di rilevare la non gravità dell’inadempimento lamentato, in base alle norme sopravvenute con l’entrata in vigore del Decreto Cura Italia. Da qui la constatazione fatta in sentenza,  che i canoni pregressi erano stati comunque onorati dalla debitrice, la quale aveva «sempre pagato tempestivamente o all’interno della fascia di tolleranza di 20 giorni» ad eccezione di tre soli episodi che, ad avviso del giudice, «non sono in grado di alterare il sinallagma del contratto di locazione», cioè l’equilibrio delle prestazioni corrispettive.Residuava, in sostanza, soltanto il pagamento parziale di marzo 2020 e quello mancato di aprile, entrambi verificatisi durante il lockdown e su questo punto il Tribunale ha rilevato che «appare di palmare evidenza che la società è stata penalizzata dalle misure restrittive di cui all’emergenza Covid-19», essendo acclarato che l’attività svolta nei locali era quella di centro estetico di depilazione a mezzo laser, dunque rientrava indubbiamente tra quelle con obbligo di chiusura.


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